non perdere la priorità acquisita

quando stai per partire, si concentrano nell’ultimo giorno prima della partenza tutte quelle seccature, punture di spillo, incombenze e questioni sospese che hai rimandato o che non si sono presentate fino a quel momento. Una di queste è stata relativa al telefono mobile e al fatto che avevo quasi esaurito i giga per navigare. Poichè dovrò stare senza wifi per quasi 20 giorni, ho dovuto cercare delle soluzioni alternative. La mia solita ciorta di MariaCaxxetta non mi ha fatto accedere a promozioni e regali, per cui ho chiamato prima un numero e poi un altro e mi sono rassegnata all’idea di dover passare una fetta della mattinata ad attendere in linea per non perdere la priorità acquisita. E mentre me ne stavo lì, in attesa, con la sigla della pubblicità del gestore telefonico e la voce registrata che mi suggeriva millemila offerte per me, ho iniziato a pensare a tutte le priorità che io credevo acquisite nella mia vita e che invece non solo non hanno risposto al telefono, me l’hanno proprio chiuso in faccia. Questo succede, però, quando ci si aspetta di essere la priorità di qualcun altro, quando invece ciascuno si concentra sull’essere la priorità di se stesso. Non condanno questo principio. Solo che io non l’ho mai fatto. E non certo per quell’eroismo/egoismo citato in qualche post fa e che spiegherei così: a volte si cerca di essere generosi eroi del nostro tempo, per poter ricaricare il nostro ego e sentirci invincibili e onnipotenti, protagonisti della rinascita dell’universo, grazie alle nostre gesta abneganti e filantropiche. Con questo non voglio dire che io sia stata affetta da una abnegazione totale fino a scomparire dietro le grandi opere di misericordia e carità che ho elargito attorno a me, anzi. Non ho dato priorità  a me stessa semplicemente perchè non l’ho saputo fare e questo non mi ha salvato affatto dal provare invidia o dall’essere colpita da meschinità acuta. La mia miseria si è scontrata col fatto che non ero la priorità per nessuno, nemmeno per me stessa. E quando sei giù nel fosso pensi che ti resta solo scavare. Sarà pure vero, ma nessuno ha mai detto che si può scavare solo verso il basso, si può scavare anche lateralmente per realizzare pian piano una rampa per risalire. (Qualche tempo fa avevo visto una immagine perfetta all’uopo, ma non sono più riuscita a trovarla e quindi non posso aggiungerla come media a questo post). Credo che diventare la propria priorità sia necessario per questo, per scavare la rampa che ci fa risalire. Non può farlo nessun altro per noi.

E qui vengo alla mia miseria. Non essendo stata capace di essere una priorità per me stessa, ho tentato di essere la priorità per qualcun altro. Mi sono illusa (ma mi è stato anche fatto credere) per quasi 20 anni che fosse così. Poi la verità. Si crolla miseramente e si finisce nel fosso di cui sopra. Guardi su e vedi una luce nuova, un’iridescente fascio luminoso, quasi una corda gettata a cui aggrapparsi per risalire. E ti sbagli di nuovo, perché alla luce non ci si aggrappa, non è tangibile. Ma sensibile e indica una possibile uscita (che paradossalmente è ‘dentro’). Per cui non puoi far altro che bastare a te stessa, scavare per fare gradini, appigli, così da risalire, conquistare la tua stessa priorità. E una volta su, fare i conti con il fatto che quella luce, seppur ne sei innamorata, non t’appartiene e per sua stessa natura non può essere direzionata verso un solo obiettivo, ma deve espandersi e irradiare i suoi colori attorno a sè, senza limitazioni, magari anche disperdendosi un po’. Ci illudiamo che quando amiamo acquisiamo una posizione di rilievo per quella persona e che amare non sia altro che lavorare affinchè non perdiamo quella posizione, insomma che l’operatore dall’altra parte ci risponda e ci ‘risolva’. Invece amare non ha come scopo essere prioritari, piuttosto direi che parte dall’essere priorità, cioè primi e indivisibili se non per se stessi, solidi quindi, uniti, integri. E poi offrirsi alla luce. Lasciare che ci attraversi, che ci irradi, che ci faccia risplendere, che riveli la nostra verità in pienezza affinchè possiamo conoscerci profondamente, accoglierci con umiltà, donarci per primi, senza riserve.

Credo che questo processo sia doloroso nella misura in cui attribuiamo ad altri il potere di trasformare la nostra vita, affidiamo ad altri la realizzazione della nostra felicità. E con questo non voglio affermare che è meglio stare soli. Tutt’altro. Intendo dire che possiamo essere interi, completi e pieni senza l’aiuto di nessuno. Ma solo nella relazione posso godere della persona che sono, che ho faticato a essere.

Questo a volte è un altro motivo di sofferenza, perchè è difficile trovare quella luce da cui essere attraversati e avvolti. Non demordiamo, con tenacia e speranza, camminiamo alla ricerca della luce. E quando tutto manca, nulla ci vieta di esserla noi.

Informazioni su ioly7

forse non lo so fare bene, ma non posso fare a meno di farlo: scrivere. quando scrivo tutto è possibile e così placo le mie manie di onnipotenza, quando scrivo tutto è più chiaro e così digerisco meglio il buio dentro me, quando scrivo, stranamente, riesco anche ad amarmi.
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